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Dolcino, di cui sono sconosciuti il luogo e la data di nascita, e sulla cui vicenda possediamo solo fonti coeve di ambito ecclesiastico, seguì in giovane età gli studi ecclesiastici a Vercelli, dove fu allievo del Maestro Syon. 

Nel 1291 entrò nel movimento degli Apostoli (o Fratelli Apostolici), fondato a Parma da Gherardo Segalelli. Dopo la condanna al rogo di Segalelli come eretico nel 1300, Dolcino si mise alla testa del movimento, raccogliendo proseliti in Emilia, Trentino e Lombardia. A Trento conobbe Margherita, che sarebbe rimasta la sua compagna fino alla fine. 

Nei primi anni del secolo si accampò con i suoi seguaci in Valsesia, ma nella primavera 1306 ne fu cacciato e, attraversato il crinale montano, si rifugiò sul Monte Rubello, sopra Trivero. I paesi limitrofi furono sottoposti a razzie, furti e devastazioni ad opera dei dolciniani, così che il vescovo di Vercelli Raniero Avogadro chiese al papa Clemente V, il permesso di indire una crociata contro di lui. Dopo mesi di scontri e un drammatico assedio invernale, il 23 marzo 1307, nella Piana di Stavello, Dolcino, Margherita e Longino Cattaneo suo luogotenente, furono catturati, processati e condannati al rogo, mentre i suoi seguaci furono massacrati e dispersi. 

La sua figura è stata riabilitata a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, diventando per massoni, socialisti e liberi pensatori un martire dell’intolleranza cattolica.

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FRA DOLCINO



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